Paparelli, 28 ottobre e un dolore mai svanito
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E rieccoci qui, al 28 ottobre.
Paparelli, un simbolo
Quella giornata segna una ferita aperta, un trauma che ancora oggi, a distanza di 45 anni, rimane una pagina terribile della storia del calcio. Vincenzo Paparelli era un uomo comune, un lavoratore, un padre di famiglia. Viveva la sua passione per la Lazio con il cuore e l’anima. E in quella domenica di fine ottobre, in un’epoca in cui le rivalità calcistiche, anche se già accese, non avevano ancora raggiunto i livelli di violenza che purtroppo oggi conosciamo, si trovava seduto in Curva Nord, insieme a migliaia di altri tifosi, in attesa che la partita iniziasse. Un istante, uno soltanto, e cambiò tutto. Un razzo sparato dalla Curva Sud lo colpì mortalmente. Non c’era motivo, non c’era logica. Solo un atto di cieca incoscienza, un gesto che gli strappò via la vita. Da quel giorno, tra quei gradoni dell’Olimpico, resta un vuoto incolmabile. Paparelli divenne immediatamente il simbolo del tifoso innocente, di quella parte del calcio che vive di passione e amore per la squadra, e che non avrebbe mai dovuto trovarsi al centro di una violenza insensata.
Paparelli nei cuori dei tifosi
La sua morte segnò un punto di svolta, un momento di consapevolezza per tutto il calcio italiano, sebbene ancora oggi ci sia qualche idiota che “celebra” la ricorrenza con abominevoli scritte sui muri di Roma. A distanza di 45 anni, Vincenzo Paparelli è ancora lì, nei cuori di chi vive la Lazio con la stessa passione che lui nutriva. Il suo nome è scolpito nella memoria collettiva del calcio italiano, un ricordo doloroso ma necessario. La sua storia è un inno alla pace e al rispetto. È un simbolo eterno di cosa significa essere tifosi nel senso più puro. La sua tragedia è una ferita che mai si rimarginerà, ma il suo rico do vive nelle voci della Curva Nord. Ogni derby. Ogni partita. Ogni 28 ottobre. Corriere dello Sport