
Parla Sarri: “Sopravvalutazione secondo posto, delusione mercato e piattezza vecchia guardia. Non mi piacciono i seguaci di Gasp, il popolo laziale…”
Dichiarazioni
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Maurizio Sarri torna a parlare a 70 giorni dalla sue dimissioni dalla Lazio ai microfoni di Sport Italia e di Alfredo Pedullà:
Siamo a 70 giorni circa dalla tua decisione di lasciare la Lazio.
“Ti rimangono anche tante sensazioni anche contraddittorie tra di loro, è stata un’esperienza bella a livello globale, abbiamo fatto il miglior risultato dell’era Lotito. Un pizzico di delusione per l’ultimo mese, ma non può scalfire completamente la storia dei tre anni. Secondo me ho preso la decisione giusta, la squadra aveva bisogno di una scossa forte in quel momento, a un certo punto mi sono reso conto che potevo darla solo io, prendendo una decisione forte. Nell’ultimo mese c’era la sensazione che, soprattutto nei giocatori che erano lì da tanto, facevo molta fatica a toglierli da uno stato di piattezza mentale; era giusto prendere una decisione forte per toglierli da una situazione mentale che li faceva giocare in modo triste”.
Ci stavi pensando anche nei mesi precedenti, fermo restando che nell’ultima intervista avevi detto una cosa non passata inosservata: “Un allenatore normale, dopo quanto fatto e quanto ricevuto, si dimette”.
“Ti dissi che se avessi dovuto fare una scelta logica, egoistica, quella sarebbe stata la migliore perché era difficile ripetersi su quei livelli. Il risultato (è stato sopravvalutato) è stato frutto di un’annata eccezionale, in un’annata in cui hanno fallito squadre sulla carta più forti di noi a livello di organico; si è innescato un meccanismo di aspettative troppo elevate. Ci sono stati momenti in cui potevo dare le dimissioni”.
Cambieresti decisione, tornassi indietro?
“Non lo so, le decisioni vanno valutate in base allo stato d’animo di certi momenti. Alla Lazio stavo bene con la piazza e i tifosi, ero riconoscente con un gruppo di giocatori che aveva fatto una stagione d’altissimo livello; mi sembrava di tradire andando via quel momento lì. Se mi parli di livello di scelta lucida, forse era meglio. Non posso rinnegare la scelta che ho fatto con l’animo e con il cuore, meno con la testa”.
Hai lasciato un anno di contratto, cosa più unica che rara nel mondo del calcio.
“E’ anche giusto, se te arrivi a prendere una decisione di quel tipo, devi farne le spese anche te. Secondo me ci sono momenti in cui quella scelta va fatta”.
Alla fine qualcuno ha immaginato che non ci fosse più lo sprint in quella Lazio, soprattutto nei giocatori più rappresentativi del gruppo.
“Non si può pensare che ci sia dietro una situazione particolare, non ho alcun dubbio su questo. Si è venuta a creare solamente una situazione in cui facevo grande fatica a eliminare sensazioni negative che il gruppo si portava in campo. Immobile? Era un aspetto generalizzato. I giocatori che erano lì da più anni erano in una situazione mentale difficile. A volte ci sono situazioni in cui mentalmente la squadra non va e ci va una scossa forte. I nuovi erano probabilmente in una condizione mentale diversa. Ci sono situazioni in cui la squadra si appiattisce, avevo fiducia nei giocatori. Non stava arrivando la scossa e ho cercato di darla io”.
Kamada non ha dato con te quello che ha dato dopo. Spiegazione?
“Sai, ha fatto fatica cinque mesi Platini quando è arrivato in Italia. Ci sta che un ragazzo giapponese faccia fatica all’inizio, nonostante fosse già in Europa. Kamada in allenamento si vedeva che era un giocatore di buon livello, non avevo dubbi sulla sua qualità tecnica di buon livello, nei mesi in cui c’ero io ha fatto fatica”.
Per te è stato un periodo difficile con la scomparsa di tua mamma. Da dove riparte Maurizio Sarri?
“La morte del genitore non serve, è solo un’esperienza dolorosa. A livello calcistico ci sono momenti in cui è troppo facile dare la colpa a tutti per giustificare se stessi. Con lo staff stiamo cercando di fare un percorso per vedere e capire dove abbiamo sbagliato. Noi non possiamo risolvere i problemi delle altre componenti nella situazione globale, le responsabilità non sono mai solo da una parte, ma stiamo discutendo per capire cosa possiamo fare di meglio”.
Emerge un aspetto particolare dalla vostra autocritica?
“Probabilmente tanti errori vengono fuori dall’inconscio. Parlando con il mio staff io sono rimasto deluso dal mercato estivo e questa mia insoddisfazione l’ho trasmessa alla squadra. A livello di ‘conscio’ avevo cercato giocatori con lo stesso entusiasmo di prima”.
Non sei mai stato molto simpatico mediaticamente. Se avessi fatto tu quello che ha fatto Allegri, ti avrebbero dato l’ergastolo?
“A me non è mai stato perdonato niente. Purtroppo faccio parte di quei pochi che vengono dal basso, e quando arrivi in alto, tanti gli vogliono ricordare che arrivi dal basso. Secondo me è una qualità, non un difetto da rinfacciare. Ho spesso avuto queste sensazioni, non si può giudicare l’atteggiamento di un allenatore. Ieri sera ho letto un’altra cosa che mi ha lasciato perplesso. In un club in cui “Vincere è l’unica cosa che conta”, probabilmente non sono soddisfatti di aver vinto solo la Coppa Italia. Non è una critica alla società, ma una constatazione. Può essere che Allegri abbia fatto una grande stagione, che la squadra non potesse fare di più. Sicuramente non mi avrebbero trattato benissimo. Ma non facciamo vittimismo: ognuno deve avere la consapevolezza di come è trattata la propria figura a livello mediatico, e comportarsi di conseguenza. Io sono orgoglioso da dove vengo”.
La tua vittoria dello Scudetto alla Juve sembrava un portaombrelli. Che idea ti sei fatto? Quello scudetto veniva visto come ‘un Sarri rompiscatole perché la Juve non è allenabile’…
“Il fatto che la Juve non è allenabile tra virgolette, io non l’ho mai detto. Mi è stato attribuito questo virgolettato, va inserito in un contesto del club che vinceva da otto anni consecutivi. Il campionato veniva dato per scontato, il club faceva passare l’idea che dovessimo vincere la Champions; in realtà in Europa eravamo il dodicesimo fatturato, c’erano undici squadre che spendevano di più. Mi sembrava un po’ troppo ottimistico. Poi che si voglia vincere lo stesso è innegabile, che si sbandieri l’obbligo all’esterno è meno comprensibile”.
Il tuo 4-3-3 resta un riferimento per la prospettiva? In cosa è modificabile e perfezionabile questo modello?
“Penso tattica e sistema c’entrino poco. Lo stile di gioco che conta, in questo momento si fa passare il calcio moderno un calcio ‘uomo contro uomo’ che si giocava negli anni ’70 con il Libero, senza grandi coperture. Si sta spacciando come calcio moderno ed europeo. Se guardi le semifinali, non è assolutamente vero che si gioca così. C’è da fare un distinguo tra i precursori e i seguaci. Quello di Gasp è molto raffinato, con una serie di scalature molto dettagliate, i seguaci adattano un ‘uomo contro uomo’ a tutto campo. Gasperini è un tecnico straordinario, gioca in modo molto differente dal mio, ma ha una bellissima modalità d’interpretazione. I seguaci che hanno estremizzato non mi piacciono. Si è innescato un modo di giocare eccessivo”.
De Zerbi ha rinunciato un contratto di due anni per aspettare. C’è ancora qualcuno che aspetta rinunciando a un contratto oneroso.
“Se gli devo consigliare una cosa, gli direi di rimanere in Premier. Io ho fatto quell’errore, se tornassi indietro non lo rifarei. Sarei rimasto al Chelsea, consapevole che probabilmente l’anno successivo non l’avrei finito. Se mi telefona, gli dico di restare là.”.
Ti hanno scritto tanti tifosi della Lazio: vuoi dare un messaggio di saluto?
“Sono stati una sorpresa in positivo, un popolo bello. Molto spesso in Italia abbiamo un’idea sbagliata del popolo laziale, sono etichettati. Sono un popolo bellissimo, allo stadio vedi i genitori con i figli, indirizzati subito da piccolissimi. Popolo bellissimo, sorprendente”.
La festa dei 50 anni dal famoso scudetto ti ha colpito?
“Sì, mi ha fatto dolore non esserci. La storia di Maestrelli è un imprinting da quando ero ragazzino. Questo condottiero con grande personalità. La festa l’avrei fatta molto volentieri”.
Vuoi mandare un messaggio a Lotito?
“Con Claudio sono stato bene, è un personaggio diverso da quello che appare pubblicamente. Mai un’interferenza tecnica, che è un grandissimo pregio. Ci sono stato bene. Sul piano degli investimenti avrei fatto cose decisamente diverse. Come dicevo sempre a tutti, la società è la sua, le scelte è anche giusto le faccia lui. Non ero d’accordo sulle azioni di quest’anno, ma sono stato bene”.