SPECIALE 14 MAGGIO – Calori: “Quello scudetto fu sentimento ed imprevedibilità. Emozione che dà un senso al calcio” (AUDIO)

SPECIALE 14 MAGGIO – Calori: “Quello scudetto fu sentimento ed imprevedibilità. Emozione che dà un senso al calcio” (AUDIO)

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Annegando, naufragando a Perugia.

Parafrasando Achille Lauro e l’incoscienza di quello Scudetto meritato e romanzato e sempre giovane giunto alle nozze d’argento. C’è chi l’ha costruito, voluto, vinto e festeggiato. C’è anche chi l’ha permesso e non poteva proprio aspettarsi di diventare un attore protagonista entrando di diritto in una delle pellicole più romantiche della storia del calcio italiano e laziale. 25 anni dopo resiste il ricordo, la nostalgia di immagini un po’ sbiadite dal tempo ma sempre nitide nel cuore e negli almanacchi.

Così come resiste la gratitudine per il grande artefice di quel Perugia-Juventus, Alessandro Calori, professione difensore, scaricò alle spalle di Van Der Sar un destro velenoso, chirurgico, carico di sentimenti nell’angolino. Poi il Perugia difese strenuamente il vantaggio sino al triplice fischio e la Lazio festeggiò il suo secondo scudetto: “Sembra un film quella giornata incredibile – spiega Calori in esclusiva a Radioseilazio – . Quella situazione ricorda cosa significa il calcio per tante persone. Essere professionista, fare il proprio mestiere anche quando sportivamente non hai più niente da chiedere. Il calcio è anche questo, ciò che fa innamorare le persone. E’ stata una scena che implica tante cose. Sentimenti, affetti ed imprevedibilità che il calcio può dare. Fu una giornata indimenticabile per la Lazio e crudele per la Juventus.

Sono cresciuto nel mito di Scirea, idolo bianconero questo è il paradosso. Sportivamente mi poteva anche dispiacere, ma professionalmente no. Quel gol mi ha ridato qualcosa che mi aveva ferito, ripensando anche alle critiche feroci che ho ricevuto all’inizio di quella stagione. Il Perugia era già salvo, vincendo quella gara andammo nell’Intertoto. Il nostro fu un approccio sereno, non avevamo nulla da chiedere, ma intorno a noi percepivamo un clima teso in virtù di Parma-Juventus della settimana prima. Sembrava la partita dell’anno, poteva succedere di tutto e così è stato.

La Juve in quel momento era in difficoltà nonostante avesse campioni straordinari. Così come la Lazio, ma quando sei nella difficoltà diventi come gli altri. Non vinci perché hai il nome, devi meritarlo in campo.

Mazzone? Lui è sempre stata una figura straordinaria, non partiva mai perdente, era una persona straordinaria. Il segnale più bello che ha sempre cercato di mandare è quello della lealtà.

La Lazio è una società particolare, ha un grande senso di appartenenza. Ancora oggi ci sono laziali ai quali non devo neanche presentarmi. Un signore, in Sardegna, è venuto incontro a me tendendomi la mano esprimendo ancora la sua gratitudine. Quel giorno ha lasciato qualcosa di impensabile. Anche all’evento ‘Di Padre in Figlio’ ho partecipato l’affetto della gente laziale. L’ho apprezzato tantissimo, non so se lo merito, ma sono emozioni che mi porto dietro. Sono sensazioni che fanno capire il senso di questo sport. L’emozione è parte integrante della tattica e della tecnica“.