Campionato ucraino, prove (impossibili) di normalità
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Mentre la guerra continua a infuriare e i cadaveri ormai non si contano più né sul campo di battaglia, né sulle pagine dei giornali, il calcio ucraino domani darà il via alla nuova stagione.
Si giocherà a porte chiuse ovviamente, per evitare che gli stadi diventino facili bersagli per i russi che potrebbero massimizzare la eco di un eventuale attacco, minimizzando il rischio. Ci saranno le immancabili sirene antiaeree pronte a suonare, colonna sonora dei collegamenti degli inviati di guerra. In caso di attacco, giocatori e personale dovranno correre verso gli spogliatoi, o meglio, nei bunker costruiti ad hoc per difenderli dalle bombe che cadono.
I nomi di Zaporizhzhia e Kharkiv fino a un anno fa erano conosciuti solo da topografi e operatori di mercato internazionali. Tutti conoscevamo Kiev, qualcuno anche Odessa e Leopoli. Ma da domani proprio su quei campi di calcio, oltre a parlare di centrali atomiche assediate e di città distrutte, si tornerà a parlare per novanta minuti e oltre di quella apparente normalità. Si giocherà a Kiev, dove lo Shakthar Donetsk ospiterà il Metalist 1925. Ma anche al Chornomorets Stadium di Odessa, e – forse la notizia più clamorosa – alla Slavutych Arena di Zaporizhzhia, dove ha traslocato lo Zorya Luhansk. Questo per l’impossibilità di giocare in quel Donbass ormai in mano ai russi, che è stato la scaturigine di tutti i mali. A poco più di 100 km da quello stadio, sulla stessa sponda del Dnepr, si erge spettrale la centrale nucleare che sta facendo tremare l’Europa. Prove (impossibili) di normalità in corso.
Alessio Buzzanca