Sarri, c’era una volta l’integralista…

Sarri, c’era una volta l’integralista…

Rassegna stampa

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C’era (forse) una volta l’integralista Maurizio Sarri.

Termine con il quale il tecnico della Lazio non si è mai trovato molto bene. Veniva descritto come tale, ma non ci si sentiva, probabilmente non lo era. Tanto che nel luglio del 2021, in occasione della presentazione come nuovo allenatore dei biancocelesti, ci ha tenuto a toccare l’argomento: “Mi hanno definito integralista qualsiasi modulo io abbia utilizzato – ha spiegato -. In realtà ho schierato le mie squadre col 4-3-3, il 4-2-3-1, il 4-3-1-2… L’unico punto fermo è la difesa a quattro: a Empoli ho provato a giocare con quella a tre, ma mi sono accorto che non è compatibile con i miei principi di gioco”. Quindi più che integralista è concettuale. Vuole un certo tipo di calcio e sfrutta le caratteristiche delle sue squadre per avvicinarvisi il più possibile. Un esempio? Napoli, Chelsea e Juventus non cercavano la profondità come fa la sua Lazio, plasmata per esaltare i punti di forza di Immobile, il suo bomber principale. Per questo, in sua assenza, Sarri ha confermato che “senza di lui dobbiamo puntare più sul palleggio, cercando meno la profondità”. Eppure il tecnico viene descritto come integralista anche nel confronto con la società. Per la costruzione della rosa, si dice, o i giocatori che vuole lui oppure si va allo scontro. Anche qui la descrizione del personaggio si sta dimostrando nel tempo piuttosto romanzata. Qualche confronto (anche duro) con i dirigenti c’è stato, ma, per dirla alla Hegel, è il modo per arrivare a una sintesi che migliori tutto il club. In realtà in questi 18 mesi di Lazio Sarri si è adattato molto alla società: chiede, ma non pretende. Capisce i limiti (economici e pratici) oltre i quali non ci si può spingere. Chi gli sta vicino assicura che a Roma sia appagato e sereno più che in altre piazze proprio perché a Formello non si ha fretta nei risultati. Si dà il tempo per crescere, per lavorare. L’obiettivo è arrivare quarti, ma, come dimostra l’esperienza di Inzaghi (che, al netto di varie attenuanti, ha portato la Lazio in Champions solo una volta in cinque anni), in caso di arrivo fra il quinto e l’ottavo posto, la società è sostanzialmente pronta a confermare la fiducia. Anche per questo Sarri accetta qualche compromesso. Ha vinto con Juve e Chelsea, le soddisfazioni se le è tolte. A Roma sa di poter avere più tempo per seminare, per strutturare la squadra secondo le sue idee. Senza dover fare una corsa contro il tempo. “Un paio di idee per il mercato di gennaio ce le avrei, ma sul quando decide la società”. Non ha fretta Sarri, perché non gliela mette la Lazio. C’è fiducia reciproca, c’è serenità. Per questo il tecnico le richieste le fa, ma senza battere i pugni. A conferma che l’integralista Sarri non c’è, al massimo c’era una volta. Forse.

Corriere della Sera