SPECIALE 14 MAGGIO – Marchegiani: “Lazio poliedrica figlia di Eriksson. Lo Scudetto coronò un percorso coraggioso” (AUDIO)

SPECIALE 14 MAGGIO – Marchegiani: “Lazio poliedrica figlia di Eriksson. Lo Scudetto coronò un percorso coraggioso” (AUDIO)

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Speciale 14 maggio: Luca Marchegiani, portiere della Lazio Campione d’Italia 99/00, ai microfoni di Radiosei in ‘NMM’

I protagonisti di una squadra irripetibile

“Esperienza indimenticabile, gioia immensa.

Il coronamento di un’intera carriera, di tutti quelli che hanno cominciato quella lunga scalata verso la vetta. Ho avuto la fortuna di assistere allo sviluppo di quell’idea, di quella squadra fortissima. Siamo cresciuti insieme e forse quella è la soddisfazione maggiore. Abbiamo costruito una squadra che non ha vinto per caso, ma seguendo un percorso a tappe ben preciso. Siamo partiti con ambizioni e consapevolezze. Eriksson? Allenatore straordinario, perché è riuscito a combinare la sua capacità di arrivare ai giocatori e ottenere il massimo, a un’esperienza nella gestione e nella chiarezza tattica. Sapeva adattare la squadra ai momenti e alle situazioni, era un calcio meno preparato a tavolino. Serviva quella sensibilità di capire quale fosse la mossa giusta da fare nel momento chiave della stagione.

La fiducia guadagnata

“Ricordo quando venne espulso Favalli nel derby dopo pochi minuti, primo anno di Eriksson. Eravamo frastornati, ma lui non tolse una punta, bensì Almeida. Ci lasciò sorpresi – prosegue Marchgiani – ma al tempo stesso diede un segna,e di entusiasmo e coraggio che ci permise di ribaltarla. Guadagnò stima e fiducia da parte del gruppo. Sven era un uomo che difficilmente lasciava trasparire emozioni, la sua dote migliore era quella di tener fuori la squadra dalle questioni esterne. Fu messo spesso in discussione anche pubblicamente anche dalla tifoseria, alcuni pensavano servisse un ‘manico’ diverso. Alla fine, lo Scudetto porta il suo nome”.

Un flashback di 25 anni: il triplice fischio all’Olimpico e l’attesa…

“Di aneddoti ce ne sono tanti, ma la giornata finale fu speciale. Un altalena di emozioni infinita. Io ero infortunato, ero a bordo campo con mio figlio piccolo. Quando ci fu l’invasione prima del finale a Perugia, uscii e tornai verso casa. In macchina sentii però il gol di Calori e a quel punto, girai la macchina e tornai indietro (ride, ndr). Tornai quindi con speranza e un filo di disillusione, perché quando dipendi dai risultati degli altri non hai mai tante sicurezze. Non era artefice del tuo destino e non era facile arrivare al traguardo. La delusione della stagione precedente era ancora viva, nessuno voleva illudersi. Lo spareggio era il massimo delle aspirazioni, la vittoria del Perugia era al di là dia qualsiasi aspettativa”.

Una squadra poliedrica: talento e personalità

“Quella squadra aveva un talento straordinario. Tante, tantissime soluzioni che la facevano essere tra le migliori della Serie A. Un campionato pieno di grandi giocatori in generale. Se pensi al centrocampo di quella Lazio, c’erano grandi giocatori e tutti con caratteristiche diverse, in grado di incidere in tanti momenti della partita. Sui calci piazzati con Sinisa era come avere un attaccante in più. Secondo me avevamo, in più delle altre, proprio questa incredibile varietà di soluzioni in campo”