I nuovi gettano la maschera ed il sarrismo è tornato: è la svolta buona?

I nuovi gettano la maschera ed il sarrismo è tornato: è la svolta buona?

Rassegna stampa

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Le incognite X e Y stanno mostrando il loro volto, via la maschera.

Quello d’argento vivo di Rovella, da cavallo matto di Guendouzi, da professorino di Kamada, da enfant prodige di Isaksen e da scugnizzo di Castellanos. «Avevamo bisogno di tutto questo. Che bella vittoria, stiamo crescendo», giurano l’argentino e le altre ugole nuove, tutte in coro. E i paragoni già si sprecano: dal regista accostato dai tifosi all’ex Leiva sino al bomber con le stigmate del connazionale Lautaro. Per Lotito il Taty era già un “fenomeno” a luglio, prima di rivelarsi al campionato italiano: «Avete visto che partita hanno fatto contro l’Atalanta lui e gli altri acquisti della Lazio. Adesso che si dice del mercato?», il sassolino tolto immediatamente dalla scarpa del patron. Nessuna frecciata a Sarri, con cui aveva già sciolto il gelo sabato sera a Formello, prima dell’abbraccio all’Olimpico dopo il trionfo. Fra i due c’è stato un chiarimento. Mau ora conferma che l’organico è più forte dello scorso anno, i cambi sono un valore aggiunto grazie all’integrazione col gruppo del secondo posto. Una partecipazione così dalla panchina, anche di chi è sostituito (vedi il leader Luis Alberto), non si vedeva da tempo. Aveva ragione Sarri a fidarsi dello spogliatoio unito al suo fianco, aveva ragione pure sul graduale inserimento di un mercato, che comprensibilmente sta gettando la maschera dopo un mese e mezzo di lavoro. Causa passaporto, lo stesso Castellanos aveva saltato tutto il ritiro, gli altri erano arrivati con acciacchi o fuori forma a Ferragosto, in netto ritardo. Alla fine nessuno si è risentito per le parole del tecnico dopo il ko a San Siro, anzi già a Glasgow tutti hanno mostrato il loro orgoglio in campo.
VIA LA MASCHERA, 4 PUNTI IN PIÙ
È la svolta buona? Di sicuro per la prima volta la Lazio vince due gare di fila e ritrova il “Sarrismo” in mezz’ora. Bisognava ritrovare gli schemi collaudati della vecchia guardia. Il fedelissimo Vecino ne è l’emblema, nonché il capocannoniere con 3 reti pesantissime, equivalenti a 3 trionfi (contro Torino, Celtic e Atalanta) su 4, compresa la Coppa. Ora può ricominciare un’altra stagione, dopo aver affrontato quasi tutte le big e con 10 punti in classifica, ovvero +4 rispetto alle stesse partite (all’Olimpico e fuori) giocate la scorsa annata, eccezion fatta per il Genoa. Pesa ancora la batosta di Lecce, ma soprattutto quella contro la neopromossa in casa, perché solo in parte meritata. E poi condizionata dal rigore non assegnato a Zaccagni, che forse avrebbe aperto un’altra partita. Già, oltre il calendario hot, vanno considerati i torti arbitrali in questa strada in salita. Il Messaggero